Introduzione - di Roberto Totaro
 

"Nirvana" in sanscrito significa "estinzione". Una grande idea, e soprattutto di buon auspicio (con i tempi che corrono per il fumetto), intitolare un fumetto appena nato "estinzione". Le prime dieci strisce di Nirvana le realizzai su suggerimento di Guido De Maria, uno dei due direttori della rivista "COMIX" -ancor oggi mi sveglio di notte, ansimante, chiedendomi perchè mai una rivista avesse due direttori, anzichè come tutte uno soltanto (generalmente incompetente)- che voleva un'alternativa ai "Tecnocratici", una serie che realizzavo, prima ancora di COMIX, per il mercato francese. "I Tecnocratici" erano tavole senza parole molto lunghe da realizzare, per cui avevo molta voglia di usare la parola come meccanismo umoristico, ma soprattutto desideravo non stare giorni interi su una gag (ricordo una tavola dei Tecnocratici che richiese 20 giorni di lavorazione), volevo insomma qualcosa che mi permettesse di "dire" molto con "poco" lavoro. Infatti Nirvana è, a tutt'oggi, un fumetto in cui la parte grafica è ridotta al minimo indispensabile. Dovete sapere che quando un umorista inventa una gag è tutto felice e ride contento, quando però si tratta di renderla visibile abbozzandola, rifinendola a matita, calcolando i tempi e la scansione, sgommando tutta una parte che era venuta benissimo perchè il tempo comico non è riuscito, ridisegnandola ancora cercando dieci volte l'espressione giusta, e sgommando ancora, e poi quando sembra finalmente accettabile, bisogna appena inchiostrarla a china rovinando irreparabilmente il lavoro che a matita è molto più bello, e poi ci sono i retini, insomma... A questo punto, dicevo, tutta la felicità e la gioia se ne sono andate da un pezzo. Ed ecco quindi la scelta di un disegno che potremmo definire "quello che serve e niente di più". Nel caso di Nirvana sono riuscito a fare di più; nel mio desiderio di semplificare le cose, ho ideato un disegno visto sempre da un unico punto di vista, cioè la linea dell'orizzonte: mai inquadrature dall'alto, mai dal basso, mai laterali, mai primi piani. Questa inizialmente è stata una buona idea, ma si è rivelata un'arma a doppio taglio, perchè mi limita un po' nell'invenzione delle gag. Comunque, a parte tutto, disegnare fumetti umoristici è ancora la miglior cosa che si possa fare, perchè quando si inventano gags ci si diverte veramente (prima ho esagerato un po' nel descrivere le difficoltà di un umorista), e il massimo della soddisfazione è vedere i lettori che si scompisciano dalle risate con un tuo libro in mano. A questo punto, però, la gioia e la soddisfazione vengono un po' rovinate dal dubbio che stiano ridendo perchè il libro fa talmente schifo da suscitare immense e fragorose risate.
Passiamo alle tematiche di Nirvana. Il meccanismo strutturale è semplicissimo: tutte le mie storie si basano su qualcuno che cerca o pensa di fare qualcosa, e questo qualcosa NON gli riesce. Il maestro non riesce a stare da solo e viene continuamente disturbato. I boy-scouts non riescono a capire che il maestro non è in pericolo in cima alla roccia. Il poeta maledetto non riesce a capire che non è un poeta. Il bambino non riesce ad essere un bambino. I genitori del bambino (che non abbiamo mai visto, ma conosciamo dai racconti del figlio) non riescono ad essere genitori. Gli alieni K-L-Toll non sono dei bravi alieni come si deve, cattivi e desiderosi di conquistare e distruggere la Terra, ma sono interessati solo ai nostri video porno. Anche i volatili, che hanno un ruolo importante e rappresentano il momento culturale della serie (fino ad oggi abbiamo osservato specie estinte o in via di estinzione: il "Migratorius Gigantis", il "Migratorius Nocturnus"; in questo terzo volume osserveremo le difficoltà dell'oca gigante e la dolorosa vita del "Migratorius Derisus et Humiliatus"), si comportano in modo fallimentare e poco da volatili. L'"Uomo più brutto del mondo" non riesce a trovare l'anima gemella e ha una mamma (anche lei ci è nota solo dai dialoghi col maestro, non l'abbiamo mai vista) che non riesce a fare la mamma. E' una struttura comica semplicissima, che esiste da quando esiste l'umorismo, si tratta solo di adattarla alle proprie esigenze stilistiche: Stanlio e Ollio sono mai riusciti a fare qualcosa che si erano proposti? Ed è solo uno dei tanti esempi, come il Coyote che non riesce a prendere lo struzzo (che in realtà non è uno struzzo, ma non mi ricordo il nome. L'ho visto alla tele in un documentario), e via di seguito... Un'altra tematica che ricorre nelle mie storie, e che devo spiegare, è la casa di riposo per anziani, il luogo dove gli scouts vogliono pervicacemente portare il maestro, dimodochè stia al sicuro e non in pericolo sulla roccia. Dovete sapere che la mia casa natale (la casa, cioè, dove sono nato e ho vissuto un'infanzia e un'adolescenza problematiche, come tutti) è situata (ancor oggi) a trenta metri da una casa di riposo. Quindi io nella mia adolescenza ho visto l'andirivieni tipico di queste strutture: le visite dei figli (con i musi lunghi fino a terra) la domenica, giorno di visita. Le autoambulanze che quasi ogni giorno entravano e uscivano, però non a sirene spiegate a 200 all'ora con George Clooney che schizza fuori con già in mano i defibrillatori, ma lentamente e silenziosamente, come un film senza colonna sonora, come se non ci fosse stata nessuna fretta... e infatti nessuna fretta c'era.
Ebbene, tutto ciò mi ha fatto arrabbiare. Ma che razza di società è mai questa, dove ti spremono come un limone e appena diventi intelligente, maturo, e pieno di esperienza e conoscenze da portare agli altri, ti danno un bel calcio in culo e ti fanno morire prima del tempo?
Sto scrivendo banalità semplicistiche? Oh, no! So perfettamente quello che dico, abitavo a trenta metri.
Ma sto divagando. Questa dev'essere una simpatica e buffa introduzione ad un libro umoristico. Anzi, ora che ci penso è la prima volta in assoluto che scrivo una prefazione ad un mio lavoro: per gli altri due libri dedicati a Nirvana ("Nirvana- Meditazioni di fine millennio" e "Nirvana2- la meditazione continua") ho chiesto al mitico Ferruccio Alessandri, con il quale ho condiviso molte esperienze editoriali, di fare le presentazioni. Questa volta, però, mi sento di farla io, anche perchè nelle introduzioni il "gioco" è molto semplice: puoi scrivere tutto quello che vuoi... tanto le prefazioni nessuno le legge, e giustamente si legge i fumetti per cui ha speso uno strafottìo di soldi. Ci sono alcuni casi rari, documentati anche da una puntata speciale di "Quark", nella quale il papà e il figlio più odiosi della televisione hanno spiegato che alcuni individui leggono le introduzioni, ma solo dopo aver letto il libro. Per cui comunque bisogna stare attenti a quello che si scrive.
Torniamo al "Nirvana". Il Nirvana è il Paradiso, il luogo ideale in cui stare, solo che lo puoi raggiungere in due modi: uno è la morte, e l'altro l'Illuminazione, che ti può arrivare anche in vita, a patto che ci sia un Maestro che ti istruisce (queste cose non le sto inventando, sono i sacri testi Zen che ho consultato a parlare). Quindi noi (e anche i miei personaggi) propendiamo per la seconda opzione, che ci sembra meno traumatica e dolorosa. Uno dei fatti più curiosi è che nella striscia "Nirvana" si parla di tutto, fuorchè di Zen. In questo terzo libro, poi, in modo particolare.
Cos'altro dire su questo terzo volume... Ah, sì! Mi è venuta in mente una cosa che ho letto, sempre nei "sacri testi", che mi ha fatto scompisciare, e riguarda lo Yin e lo Yang. Cito testualmente: LA TEORIA FILOSOFICA DELLO YIN-YANG. Yang indicava lo splendore del sole, Yin l'ombra del buio. Successivamente Yin e Yang furono considerati due principi naturali: Yang il principio maschile, positivo; Yin il principio femminile, negativo. Sono cose che danno da pensare, vero?
Rileggendo questa prefazione ho avuto un'illuminazione, mi è venuto in mente per quale motivo di solito le faccio scrivere a Ferruccio Alessandri: perchè io non le so fare.