"Nirvana" in sanscrito significa "estinzione".
Una grande idea, e soprattutto di buon auspicio (con
i tempi che corrono per il fumetto), intitolare un
fumetto appena nato "estinzione". Le prime
dieci strisce di Nirvana le realizzai su suggerimento
di Guido De Maria, uno dei due direttori della rivista
"COMIX" -ancor oggi mi sveglio di notte,
ansimante, chiedendomi perchè mai una rivista
avesse due direttori, anzichè come tutte uno
soltanto (generalmente incompetente)- che voleva un'alternativa
ai "Tecnocratici", una serie che realizzavo,
prima ancora di COMIX, per il mercato francese. "I
Tecnocratici" erano tavole senza parole molto
lunghe da realizzare, per cui avevo molta voglia di
usare la parola come meccanismo umoristico, ma soprattutto
desideravo non stare giorni interi su una gag (ricordo
una tavola dei Tecnocratici che richiese 20 giorni
di lavorazione), volevo insomma qualcosa che mi permettesse
di "dire" molto con "poco" lavoro.
Infatti Nirvana è, a tutt'oggi, un fumetto
in cui la parte grafica è ridotta al minimo
indispensabile. Dovete sapere che quando un umorista
inventa una gag è tutto felice e ride contento,
quando però si tratta di renderla visibile
abbozzandola, rifinendola a matita, calcolando i tempi
e la scansione, sgommando tutta una parte che era
venuta benissimo perchè il tempo comico non
è riuscito, ridisegnandola ancora cercando
dieci volte l'espressione giusta, e sgommando ancora,
e poi quando sembra finalmente accettabile, bisogna
appena inchiostrarla a china rovinando irreparabilmente
il lavoro che a matita è molto più bello,
e poi ci sono i retini, insomma... A questo punto,
dicevo, tutta la felicità e la gioia se ne
sono andate da un pezzo. Ed ecco quindi la scelta
di un disegno che potremmo definire "quello che
serve e niente di più". Nel caso di Nirvana
sono riuscito a fare di più; nel mio desiderio
di semplificare le cose, ho ideato un disegno visto
sempre da un unico punto di vista, cioè la
linea dell'orizzonte: mai inquadrature dall'alto,
mai dal basso, mai laterali, mai primi piani. Questa
inizialmente è stata una buona idea, ma si
è rivelata un'arma a doppio taglio, perchè
mi limita un po' nell'invenzione delle gag. Comunque,
a parte tutto, disegnare fumetti umoristici è
ancora la miglior cosa che si possa fare, perchè
quando si inventano gags ci si diverte veramente (prima
ho esagerato un po' nel descrivere le difficoltà
di un umorista), e il massimo della soddisfazione
è vedere i lettori che si scompisciano dalle
risate con un tuo libro in mano. A questo punto, però,
la gioia e la soddisfazione vengono un po' rovinate
dal dubbio che stiano ridendo perchè il libro
fa talmente schifo da suscitare immense e fragorose
risate.
Passiamo alle tematiche di Nirvana. Il meccanismo
strutturale è semplicissimo: tutte le mie storie
si basano su qualcuno che cerca o pensa di fare qualcosa,
e questo qualcosa NON gli riesce. Il maestro non riesce
a stare da solo e viene continuamente disturbato.
I boy-scouts non riescono a capire che il maestro
non è in pericolo in cima alla roccia. Il poeta
maledetto non riesce a capire che non è un
poeta. Il bambino non riesce ad essere un bambino.
I genitori del bambino (che non abbiamo mai visto,
ma conosciamo dai racconti del figlio) non riescono
ad essere genitori. Gli alieni K-L-Toll non sono dei
bravi alieni come si deve, cattivi e desiderosi di
conquistare e distruggere la Terra, ma sono interessati
solo ai nostri video porno. Anche i volatili, che
hanno un ruolo importante e rappresentano il momento
culturale della serie (fino ad oggi abbiamo osservato
specie estinte o in via di estinzione: il "Migratorius
Gigantis", il "Migratorius Nocturnus";
in questo terzo volume osserveremo le difficoltà
dell'oca gigante e la dolorosa vita del "Migratorius
Derisus et Humiliatus"), si comportano in modo
fallimentare e poco da volatili. L'"Uomo più
brutto del mondo" non riesce a trovare l'anima
gemella e ha una mamma (anche lei ci è nota
solo dai dialoghi col maestro, non l'abbiamo mai vista)
che non riesce a fare la mamma. E' una struttura comica
semplicissima, che esiste da quando esiste l'umorismo,
si tratta solo di adattarla alle proprie esigenze
stilistiche: Stanlio e Ollio sono mai riusciti a fare
qualcosa che si erano proposti? Ed è solo uno
dei tanti esempi, come il Coyote che non riesce a
prendere lo struzzo (che in realtà non è
uno struzzo, ma non mi ricordo il nome. L'ho visto
alla tele in un documentario), e via di seguito...
Un'altra tematica che ricorre nelle mie storie, e
che devo spiegare, è la casa di riposo per
anziani, il luogo dove gli scouts vogliono pervicacemente
portare il maestro, dimodochè stia al sicuro
e non in pericolo sulla roccia. Dovete sapere che
la mia casa natale (la casa, cioè, dove sono
nato e ho vissuto un'infanzia e un'adolescenza problematiche,
come tutti) è situata (ancor oggi) a trenta
metri da una casa di riposo. Quindi io nella mia adolescenza
ho visto l'andirivieni tipico di queste strutture:
le visite dei figli (con i musi lunghi fino a terra)
la domenica, giorno di visita. Le autoambulanze che
quasi ogni giorno entravano e uscivano, però
non a sirene spiegate a 200 all'ora con George Clooney
che schizza fuori con già in mano i defibrillatori,
ma lentamente e silenziosamente, come un film senza
colonna sonora, come se non ci fosse stata nessuna
fretta... e infatti nessuna fretta c'era.
Ebbene, tutto ciò mi ha fatto arrabbiare. Ma
che razza di società è mai questa, dove
ti spremono come un limone e appena diventi intelligente,
maturo, e pieno di esperienza e conoscenze da portare
agli altri, ti danno un bel calcio in culo e ti fanno
morire prima del tempo?
Sto scrivendo banalità semplicistiche? Oh,
no! So perfettamente quello che dico, abitavo a trenta
metri.
Ma sto divagando. Questa dev'essere una simpatica
e buffa introduzione ad un libro umoristico. Anzi,
ora che ci penso è la prima volta in assoluto
che scrivo una prefazione ad un mio lavoro: per gli
altri due libri dedicati a Nirvana ("Nirvana-
Meditazioni di fine millennio" e "Nirvana2-
la meditazione continua") ho chiesto al mitico
Ferruccio Alessandri, con il quale ho condiviso molte
esperienze editoriali, di fare le presentazioni. Questa
volta, però, mi sento di farla io, anche perchè
nelle introduzioni il "gioco" è molto
semplice: puoi scrivere tutto quello che vuoi... tanto
le prefazioni nessuno le legge, e giustamente si legge
i fumetti per cui ha speso uno strafottìo di
soldi. Ci sono alcuni casi rari, documentati anche
da una puntata speciale di "Quark", nella
quale il papà e il figlio più odiosi
della televisione hanno spiegato che alcuni individui
leggono le introduzioni, ma solo dopo aver letto il
libro. Per cui comunque bisogna stare attenti a quello
che si scrive.
Torniamo al "Nirvana". Il Nirvana è
il Paradiso, il luogo ideale in cui stare, solo che
lo puoi raggiungere in due modi: uno è la morte,
e l'altro l'Illuminazione, che ti può arrivare
anche in vita, a patto che ci sia un Maestro che ti
istruisce (queste cose non le sto inventando, sono
i sacri testi Zen che ho consultato a parlare). Quindi
noi (e anche i miei personaggi) propendiamo per la
seconda opzione, che ci sembra meno traumatica e dolorosa.
Uno dei fatti più curiosi è che nella
striscia "Nirvana" si parla di tutto, fuorchè
di Zen. In questo terzo libro, poi, in modo particolare.
Cos'altro dire su questo terzo volume... Ah, sì!
Mi è venuta in mente una cosa che ho letto,
sempre nei "sacri testi", che mi ha fatto
scompisciare, e riguarda lo Yin e lo Yang. Cito testualmente:
LA TEORIA FILOSOFICA DELLO YIN-YANG. Yang indicava
lo splendore del sole, Yin l'ombra del buio. Successivamente
Yin e Yang furono considerati due principi naturali:
Yang il principio maschile, positivo; Yin il principio
femminile, negativo. Sono cose che danno da pensare,
vero?
Rileggendo questa prefazione ho avuto un'illuminazione,
mi è venuto in mente per quale motivo di solito
le faccio scrivere a Ferruccio Alessandri: perchè
io non le so fare.
|